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Recensione – “La ballata dell’usignolo e del serpente” di Suzanne Collins

Benvenuti draghetti alla mia prima recensione sul blog, che ho deciso di dedicare al quarto libro della saga di Hunger Games; trilogia che mi ha non solo rapita come nessun altro libro prima, ai tempi (avevo circa 12 anni, credo), scatenando la passione che ho oggi per i libri, ma mi ha anche introdotta al genere distopico, che è tra i miei preferiti in assoluto. Ormai una decina d’anni fa, conobbi il primo libro tramite Tumblr, piattaforma sulla quale risultava già acclamato da tantissimi giovani americani. M’innamorai così, per caso, di una playlist fanmade; finì per comprare ogni libro al day one, leggendoli in un paio di giorni, senza riuscire a staccarmi dalle pagine, a costo di restare sveglia tutta la notte. Una sorta di imprinting, se così vogliamo chiamarlo. E quando finì di leggere il terzo, in lacrime, alle quattro di notte, mi sentii vuota. Ero così legata a Katniss e a quel mondo che non accettavo una fine. Pochi libri e poche saghe, da allora, hanno avuto su di me lo stesso effetto. Così, non appena “La ballata dell’usignolo e del serpente” è risultato online, l’ho subito fatto mio. Senza pensarci un millisecondo. Dovevo. E non me ne sono pentita.

Titolo: “La ballata dell’usignolo e del serpente” (“The Ballad of Songbirds and Snakes”).

Autrice: Suzanne Collins.

Casa editrice: Mondadori.

Anno di pubblicazione: 2020.

Pagine: 480.

Prezzo: €22.

Trama: È la mattina della mietitura che inaugura la decima edizione degli Hunger Games. A Capitol City, il diciottenne Coriolanus Snow si sta preparando con cura: è stato chiamato a partecipare ai Giochi in qualità di mentore e sa bene che questa potrebbe essere la sua unica possibilità di accedere alla gloria. La casata degli Snow, un tempo potente, sta attraversando la sua ora più buia. Il destino del buon nome degli Snow è nelle mani di Coriolanus: l’unica, esile, possibilità di riportarlo all’antico splendore risiede nella capacità del ragazzo di essere più affascinante, più persuasivo e più astuto dei suoi avversari e di condurre così il suo tributo alla vittoria. Sulla carta, però, tutto è contro di lui: non solo gli è stato assegnato il distretto più debole, il 12, ma in sorte gli è toccata la femmina della coppia di tributi.I destini dei due giovani, a questo punto, sono intrecciati in modo indissolubile. D’ora in avanti, ogni scelta di Coriolanus influenzerà inevitabilmente i possibili successi o insuccessi della ragazza. Dentro l’arena avrà luogo un duello all’ultimo sangue, ma fuori dall’arena Coriolanus inizierà a provare qualcosa per il suo tributo e sarà costretto a scegliere tra la necessità di seguire le regole e il desiderio di sopravvivere, costi quel che costi.

Ambientazione: ci troviamo ancora una volta nel regno di Panem, che non è altro che una versione distopica dell’America che si vede divisa in 13 distretti “sottomessi” alla più grande, agiata e sfarzosa Capitol City. Questa, almeno, è l’immagine che ricordiamo dataci dalla famosissima trilogia; in questo caso, tuttavia, ci troviamo catapultati circa 64 anni prima, precisamente nell’anno dello svolgimento dei decimi Hunger Games, quando i “giochi” non erano ancora affatto qualcosa di così “grandioso” e spettacolarizzato, come vediamo invece negli anni di Katniss. Sono passati 10 anni dalla ribellione dei distretti, che ha portato Capitol a subire un terribile stato di decadenza e povertà, dal quale cerca ancora, poco a poco, di riprendersi. La particolarità di questo libro sta proprio nel fatto che qui indossiamo le scarpe di Capitol, la viviamo dall’interno, vediamo gli Hunger Games dagli spalti migliori e prendiamo parte alle decisioni più importanti. In particolare, seguiamo proprio le vicende di un giovanissimo Snow, appena diciottenne, divenuto orfano durante la ribellione, con un importantissimo nome alle spalle, ma che ormai vale a poco. Sono infatti i decimi “giochi”, nei quali farà da mentore assieme ad altri giovani membri dell’élite di Capitol che frequentano l’accademia come lui, a presentarsi come la sua unica opportunità di svolta, visto che è in palio un’importantissima borsa di studio.

Personaggi: Nel corso del libro incontriamo tanti personaggi, ma praticamente nessuno di indimenticabile, o di particolarmente caratterizzato. Neppure Lucy Gray Beard – il tributo femmina del distretto 12 che viene affidato a Snow e che condividerà con lui i ruoli più centrali del libro – ci viene descritta e raccontata se non fino a un certo punto, limitandosi a ciò che gli occhi e le orecchie di Snow sentono, e cosa lui prova. L’unico lavoro coi contro fiocchi fatto, per l’appunto, è quello di Coriolanus Snow, indiscusso protagonista attorno al quale girano tutte le vicende. La stessa Lucy ci serve a intravedere determinati aspetti di Snow che probabilmente non sarebbero venuti a galla altrimenti. La sua caratterizzazione è davvero ben fatta; la cosa che ho apprezzato di più è stato il non presentarci un innocentissimo Snow diciottenne, ma mostrarci come fosse ambizioso e calcolatore già da allora, come non abbia avuto una trasformazione improvvisa nell’arco della crescita, ma come sia sempre stato così, semplicemente. Questo è un personaggio vero, credibile, che sono davvero lieta di aver potuto conoscere, quando nella trilogia se ne sapeva davvero poco.

🔥 Cosa ne penso, dunque? 🔥

Penso, prima di tutto, che non avevo alte aspettative, ma mi ha sorpresa in pieno, a partire dallo stile di scrittura decisamente migliorato, non so se grazie a una sua effettiva maturazione o semplicemente il passaggio dalla prima alla terza persona. Fatto sta che la Collins si afferma non la scrittrice del secolo, ma sicuramente valida ed estremamente piacevole, anche più di prima. Ho adorato la visione di una Panem più vecchia e del punto di vista di Capitol, tassello che ha potuto “chiudere” la visione dell’intera storia in maniera efficiente ed estremamente interessante. Trovarmi immersa nel mondo di Hunger Games dopo dieci anni è stata un’emozione immensa, e rivedere quella crudezza, quello stampo di sopravvivenza e vendetta, di privilegi e ingiustizie, mi ha incantata di nuovo, in positivo e – per forza di cose – in negativo. Una delle note più interessanti in assoluto sono state le emozioni contrastate del protagonista, che viaggia tra il desiderio di rivalsa e di altissima ambizione al domandarsi di continuo se effettivamente quello che accade sia giusto. Lucy Gray ci serve proprio a mostrarci un’empatia da parte di Snow, data forse quasi totalmente dall’interesse di una giovane cotta adolescenziale, cosa che non sapremo mai. Avrei preferito infatti non rendere il rapporto tra i due così ambiguo e dallo stampo semi romantico (questa credo fosse l’intenzione della scrittrice, o comunque la storia per come ce l’hanno venduta), ma vedere appunto come sarebbe stato se il tributo fosse stato un maschio, o una bambina più piccola. Era una cosa perfettamente evitabile probabilmente inserita per rendere ancora più interessante la storia di Snow, o semplicemente perché sembra che vada introdotta sempre, in un modo o nell’altro – cosa che non condivido affatto, ma anzi è un aspetto ricorrente che detesto. Tuttavia, i due non hanno neanche avuto il tempo di viversi un eventuale sincero interesse, anche se possiamo senza dubbio notare che entrambi i personaggi si trattassero a vicenda con la convenienza del caso – a lei Snow serviva per sopravvivere, a lui Lucy per vincere e poter trarne tutti i vantaggi del caso, primo fra tutti il riportare alla vetta il nome degli Snow. Tre cose mi ha fatta davvero storcere il naso. Queste sono:

  1. I richiami alla serie principale come la ghiandaia imitatrice e le somiglianze un po’ troppo vistose, come il vestito che “colpisce il pubblico” e il canto di Lucy.
  2. Capisco il successo dell”albero degli impiccati”, ma ci sono davvero troppe canzoni in mezzo alle scatole. Se davvero ci faranno un film sopra, ho paura che apparirà come un musical.
  3. La terza parte del libro molto più lenta rispetto alle altre due, e soprattutto il fatto che la scrittrice abbia fatto sparire un personaggio importante da un momento all’altro. Non si fa così.

In conclusione: Era un libro “necessario”? No, ma completa la visione d’insieme unito alla trilogia. Lo consiglierei a chi non ha ancora letto la trilogia? Direi proprio di no, in quanto è un libro fatto apposta per i fan della saga. Lo consiglio in generale? Assolutamente sì, recuperando prima la trilogia. È un libro validissimo, per quanto non mostri particolari novità rispetto agli altri tre.

Voto finale: 4/5 🔥

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